Alcune riflessioni sull'esoterismo

Leuviah e altri

Il rapporto da sempre intercorrente tra l’essere umano e la realtà che lo circonda è un rapporto di tipo conoscitivo. È una necessità essenziale quella, che l’uomo ha, di conoscere e comprendere, quanto più possibile, il mondo in cui esiste, per poter vivere in esso, operando su di esso. Ed in questa continua opera di conoscenza – che poi si identifica con la vita stessa – l’uomo fa uso di tutta una serie di strumenti intellettuali (razionali e intuitivi) che, progressivamente, lo conducono (o, per meglio dire, dovrebbero condurlo) verso una consapevolezza sempre maggiore del suo status nell’ambito del cosiddetto “dominio sensibile/sensoriale”, il quale risulta costituito da una varietà meravigliosa di istanze vegetative, istintuali, emotive, razionali e intuitive. In tutto questo, potremmo dire, si esaurisce una conoscenza “in orizzontale” della realtà, da parte dell’individuo-uomo.
Ma tuttavia, nel momento in cui l’anelito conoscitivo dell’essere umano decide di rivolgersi ad una dimensione “verticale” (dimensione nella quale l’oggetto della conoscenza non è più una realtà, bensì la Realtà; nella quale il soggetto realizzante la conoscenza non è più un’uomo, ma tende ad essere l’Uomo; e nella quale, ancora, il soggetto non è più separato dall’oggetto del suo conoscere, ma diviene un tutt’uno con esso), ecco che – a questo punto – la prospettiva esoterica si profila come l’unica lente in grado di percepire, s-velandola e ri-velandola, quell’unità (o, meglio, quella “non-dualità”) principiale, concepibile e comprensibile solo sinteticamente, e che giace, eterna ed immutabile, sotto le contingenze della manifestazione, come brace sotto la cenere.
L’esoterismo – o, meglio, la “prospettiva esoterica” – trova la sua più profonda ragion d’essere in quella caratteristica, insita nel nucleo più intimo della natura umana, che potremmo definire come la tendenza ad un conoscere “in verticale”.
La Tavola che presentiamo questa sera si propone, pertanto, e senza alcuna pretesa di esaustività, di svolgere alcune riflessioni sul termine esoterismo – e sul punto di vista del tutto particolare ad esso sotteso – soprattutto con riferimento all’interpretazione che di tale concetto hanno dato due illustri studiosi francesi, Antoine Faivre e René Guénon, nel tentativo di evidenziarne le principali caratteristiche e di comprenderne, quanto più possibile, la portata.
Innanzitutto è necessario ricordare che l’esoterismo è oggi considerato, da parte di molti studiosi, come la terza corrente di pensiero che ha influenzato la nostra cultura occidentale, insieme alla filosofia dei Greci e alla religione giudaico-cristiana. Il termine deriva in origine da una parola greca, esoterikòs, un aggettivo che significa alla lettera “interno”, e si riferisce alle lezioni che Aristotele riservava, nella sua scuola, ai discepoli più intimi. Fino alla tarda antichità la parola fu adoperata con quest’unico significato, che possiamo trovare in autori come Plutarco e Giamblico. Fu nell’Ottocento, però, che la parola, usata per la prima volta come sostantivo, acquisì il senso che ancora oggi le viene attribuito nel linguaggio comune, cioè con riferimento all’insieme delle “conoscenze segrete”. È merito di Alphonse Louis Constant, più celebre sotto lo pseudonimo di Eliphas Levi, avere diffuso l’impiego del termine.
Consultando un dizionario, ad esempio il “Devoto-Oli”, troviamo la seguente definizione: «Esoterismo: [s.m.] Atteggiamento di ossequio al principio che vieta di rivelare ai non iniziati alcune parti di un rito o di una dottrina specialmente religiosa.» Una tale definizione evidenzia, nella sua forma espressa, il carattere decisamente misterico e il percorso “iniziatico” che l’esoterista pratica all’interno di una realtà religiosa o para-religiosa.
Ad un livello implicito, invece si evince che l’aspetto esattamente speculare all’esoterismo, ossia la prospettiva exoterica, in merito alla quale il Guénon si esprime nei termini seguenti: «come a due livelli diversi di insegnamento, tali aspetti non potevano in nessun modo essere opposti e complementari, bensì dovevano essere complementari: l’esoterismo sviluppava e completava, dandogli un senso più profondo (il quale nell’exoterismo era contenuto per così dire solo virtualmente), quanto l’exoterismo esponeva in forma troppo vaga, troppo semplificata e talvolta più o meno simbolica.»
Il campo di competenza dell’esoterismo è tuttavia, oggi, piuttosto variegato e incerto: sotto questa dicitura vengono accorpate le pratiche e le credenze più disparate, dall’alchimia alla qabbalah, alle religioni misteriche e gnostiche, alla magia rituale alle moderne correnti pagane e New Age.
In generale, il termine “esoterismo” ha finito per designare tutto ciò che sfugge al dogmatismo (e ai dogmatismi) delle religioni o del sapere ufficiale – e che pertanto da questi è stato, quando non espressamente bandito, quantomeno svalutato e messo da parte. Parallelamente, la dimensione mediatica, sempre più preponderante nell’ultimo secolo, ha forgiato un “senso comune” entro il quale fenomeni come l’occultismo, lo spiritismo e il satanismo hanno finito per essere confusi – tramite una percezione distorta e superficiale – con l’esoterismo vero e proprio.
Se inquadrato nella giusta prospettiva, invece, il dominio esoterico può rappresentare l’humus preferenziale nel quale poter far germogliare, con grande ma piacevole faticare, quell’intuizione intellettuale che porta alla Conoscenza e che è già, essa stessa, Conoscenza. È il percorso pieno di ostacoli, la Via Secca, nella quale l’iniziato impara a conoscere com-prendendo, ossia considerando le cose nella loro unità e armonia di fondo, e diventa consapevole del fatto che «colui che rompe un oggetto per scoprire cos’è, ha abbandonato il sentiero della saggezza.»
È per cercare di comprendere meglio la portata di tale dicitura che ci occuperemo, ora, dei due studiosi poco sopra citati. Il primo che vogliamo considerare è Antoine Faivre, un brillante accademico francese che ha avuto il merito di istituire la prima cattedra di Storia dell’Esoterismo Occidentale. Faivre ha esaminato il ricco corpus della tradizione esoterica d’Occidente, con l’intento di arrivare a scoprire quali siano le caratteristiche di fondo che essa possiede. Se a volte, infatti, si dimostra difficile riscontrare un preciso legame tra le diverse forme che le tradizioni esoteriche hanno assunto, nondimeno secondo Faivre esiste una certa “aria di famiglia” tra loro, che ci rivela una loro appartenenza comune. Il compito che si propone Faivre è, allora, quello di andare alla ricerca dei fattori-chiave che ci possono dire in cosa consista l’esoterismo. Va aggiunto che, nella prospettiva di questo studioso, il dominio esoterico non è una scienza o un campo del sapere ben delimitato, piuttosto è un “modo di pensare”, una prospettiva particolare in virtù della quale si riesce a comprendere la portata di un simbolo, di un mito o di una determinata realtà, attraverso uno sforzo personale e graduale.
A detta di Faivre, i caratteri fondamentali di ogni forma di sapere esoterico sono sei:
1) L’esistenza di un’analogia tra “microcosmo” e “macrocosmo”, ovvero l’esistenza di una rete di rapporti tra i diversi aspetti della realtà, sensibili e soprasensibili, a cui rimandano i simboli e i segni dell’esoterismo;
2) la considerazione della natura come una totalità animata e vivente;
3) l’esistenza di elementi “intermedi” tra il piano della manifestazione e quello divino: vi sarebbe, in altri termini, tutta una gradazione di stati di coscienza, livelli di realtà ed entità tra il mondo fisico e l’assoluto;
4) la sperimentazione (o, aggiungeremmo noi, la tensione alla sperimentazione), da parte del soggetto che persegue una disciplina esoterica, di una trasformazione più o meno radicale della sua esistenza.

Vi sono poi due altri criteri che Faivre ha isolato, non sempre presenti ma spesso associati alle pratiche esoteriche:
5) la concordanza di tutte le tradizioni e religioni con le verità espresse dalle dottrine esoteriche;
6) la trasmissione da maestro a discepolo di tali dottrine, che deve seguire determinati schemi.
Volendo fare un riferimento alla tradizione massonica essa comprende, a nostro parere, in modo pieno tutti questi principi, fatta forse eccezione per il secondo: il “metodo” massonico è, infatti, incentrato sui simboli e sulle sottili trame di corrispondenze che questi sono capaci di tracciare. Per quanto riguarda, poi, il rapporto col divino, l’enigma della Parola Perduta ben rappresenta la difficoltà di confrontarsi senza mediazioni col Principio, insieme ad altri simboli del Tempio, come il pavimento a scacchi o le colonne. Sono senz’altro segni, questi, che ci svelano la dualità del mondo manifestato, in cui l’uomo si trova calato. Il modo stesso in cui il Tempio è costruito ed i rituali che scandiscono il lavoro del massone al suo interno ci parlano ancora di questa dualità. Un mondo spezzato e duale a maggior ragione sente la necessità di una mediazione per riflettere sui piani più profondi dell’esistente, ed è qui che nuovamente interviene il linguaggio simbolico. Pensiamo, ad esempio, al Delta che inscrive l’Occhio divino o il Tetragramma.
Con riguardo alla trasformazione dell’iniziato, possiamo dire che essa si pone come un traguardo in potenza che l’esoterismo del rituale massonico si prefigge. Infatti, elementi come la spoliazione dai metalli o la bara di Hiram, sembrano presentare il tema di una morte o cambiamento di stato dell’iniziato, destinato a risorgere come homo novus alla luce di una rinnovata (in quanto, forse, ri-conosciuta) consapevolezza.
Pertanto – lasciando per il momento da parte il quinto e il sesto criterio – ci sentiamo di affermare che i principi elencati da Faivre sembrano rispecchiarsi a dovere nel caso del simbolismo massonico.
Ora è necessario conoscere l’interpretazione che, dell’esoterismo, ha dato il secondo studioso da noi preso in esame, René Guénon. A differenza di Faivre, Guénon ha militato in diverse organizzazioni esoteriche, e può pertanto essere considerato un “addetto ai lavori” non solo in un’ottica puramente accademica. Inoltre, la totalità dei suoi scritti è dedicata unicamente a tematiche esoteriche e si fonda sullo studio attento di diverse tradizioni orientali e occidentali, cosicché la visione guenoniana ha finito per essere da molti considerata, quando non addirittura fondamentale, per lo meno un importante punto di riferimento nello studio dell’esoterismo. Le sue riflessioni su tale argomento si fondano sull’idea di una trasmissione ininterrotta di influenza spirituale, che appartiene a tutte le tradizioni del mondo e sembrerebbe trovare la sua genesi in una remota Grande Tradizione Primordiale, ormai inaccessibile. Tutte le correnti esoteriche, dall’alchimia alla qabbalah alla massoneria, e persino le vie iniziatiche orientali, non sarebbero che diramazioni di questa prima sorgente.
Anche se Guénon non propone una griglia concettuale definita come quella di Faivre, sembra tuttavia che concordi per molti aspetti con la sua analisi. Ci pare, comunque, di notare un’importante differenza: i principi 5) e 6), ritenuti da Faivre complementari agli altri quattro, sono invece assunti da Guénon come momenti cardine dell’esoterismo. Infatti, secondo Guénon, la legittimità di ogni sapere esoterico si fonda sulla sua derivazione da una presunta Grande Tradizione Primordiale, attraverso una catena ininterrotta di trasmissioni da maestro a discepolo, fino ad oggi. In questa direzione, questo processo di “tradizione” (in cui si rispecchia appieno il significato letterale del termine traditio) si pone come momento centrale dell’esoterismo. La concordanza tra le diverse tradizioni spirituali in materia di esoterismo diventa, a questo punto, un corollario: se la sorgente è unica, l’acqua dei diversi fiumi dovrà essere di conseguenza la stessa.
Un altro elemento è decisivo per comprendere meglio la posizione di Guénon, e, di riflesso, l’efficacia dei criteri di Faivre nel comporre la sua interpretazione dell’esoterismo, ed è il modo in cui la trasmissione viene operata da maestro a discepolo. Faivre si limita ad accennare al punto 6), in base al quale tutto ciò avviene nelle tradizioni esoteriche secondo uno schema ben preciso, mentre Guénon ritiene che la chiave d’accesso alla Conoscenza risieda nell’iniziazione. L’iniziazione rappresenta, secondo Guénon, la “porta privilegiata” per poter accedere al dominio esoterico; è un “punto di non ritorno”, oltre il quale si “muore” alla dimensione profana per “rinascere” alla dimensione del sacro.
È nella mancata rilevanza dell’iniziazione, come vero momento di ri-nascita ad uno stato di coscienza superiore, che la griglia concettuale di Faivre mostra, a nostro parere, i suoi limiti. Ci sembra invece che Guénon, alla luce di quanto abbiamo potuto vedere prima, sottolinei l’importanza dell’iniziazione sotto due profili che potremmo definire rispettivamente “verticale” e “orizzontale”: il profilo verticale si riferisce a quanto abbiamo detto prima a proposito della Tradizione Primordiale: tutte le conoscenze più profonde si trovano in qualche modo imparentate perché si originano da una fonte iniziale e più completa. Il secondo profilo equivale, in sostanza, al criterio 5) di Faivre, ma può servire da spunto per riflettere sull’effettiva portata universale dell’iniziazione.
In altre parole, sotto il profilo orizzontale, si riscontrano incredibili somiglianze tra alcuni riti o simboli iniziatici ed altri, a volte incredibilmente distanti tra loro, sia nel tempo che nello spazio. C’è da chiedersi, disattese naturalmente le spiegazioni scientiste o psicologiste del caso, quali siano gli elementi comuni che rendono universale la natura del fenomeno “iniziazione”. La risposta di Guénon è piuttosto precisa: i simboli sono la chiave di ogni iniziazione, e quindi di ogni ingresso nel dominio esoterico. È, dunque, tramite la concentrazione e l’incontro con la realtà simbolica che l’iniziato tende a realizzare la propria iniziazione.
In conclusione, e a prescindere da un contesto strettamente massonico, ci sentiamo di affermare che l’iniziazione, nella sua valenza di accesso al dominio esoterico, rappresenta la condizione necessaria per intraprendere il cammino verso quella Conoscenza che trascende il sapere, che si nutre dell’intima essenza delle cose, spogliandole della loro dimensione contingente… in una parola, verso la Conoscenza Metafisica.
Condizione necessaria, abbiamo detto, ma non sufficiente: se l’iniziazione può essere considerata, in se stessa, come la soglia oltre la quale si stagliano le infinite possibilità di sviluppo individuale, è tuttavia l’uomo che, con la propria (e consapevole) volontà, deve decidere di varcarla, con la ferma intenzione di percorrere un cammino di ricerca interiore.

Abbiamo detto!